disturbi alimentari

16.02.2012 15:00

 

I DISTURBI ALIMENTARI COME SOFFERENZA PSICHICA

 

I disturbi alimentari sono una fra le psicopatologie più gravi in ambito clinico, non solo per le importanti connotazioni psicologiche, ma anche e soprattutto per le implicazioni fisico-organiche associate.

Essi hanno alla base un’importante anomalia nel comportamento alimentare, insorgono intorno all’adolescenza e alla prima età adulta, anche se ultimamente si sono registrati casi più tardivi, intorno ai 30/40 anni, sono più frequenti nelle donne, per motivi prevalentemente socio culturali, in quanto sembra che alle medesime dinamiche psicologiche nei maschi si attivino risposte prevalentemente sul versante antisociale o di dipendenza.

Attualmente sono incrementati i casi di disturbi del comportamento alimentare negli uomini anche per via della maggior enfasi data all’aspetto fisico ed estetico nel sesso maschile.

I disturbi alimentari sono spesso associati ad un livello molto basso di autostima, senso di inadeguatezza, ricerca di conferme dall’esterno e tentativi irrazionali di autosabotaggio al fine di confermare la convinzione di non essere degne e accettabili.

 

Vediamo ora nel dettaglio quali sono i disturbi alimentari più diffusi:

 

1-ANORESSIA NERVOSA

L’Anoressia Nervosa è una patologia caratterizzata dalle seguenti caratteristiche:

- Perdita di peso rilevante (più del 15% del peso considerato normale per età, sesso e altezza)

- Paura intensa di ingrassare anche quando si è in sottopeso

- Alterazione nel modo di vivere il peso, la taglia e le forme corporee.

- Scomparsa delle mestruazioni (nelle donne assenza di almeno tre cicli mestruali consecutivi)

Il rifiuto di mangiare nasce dalla forte paura di ingrassare e dalla necessità di controllare l'alimentazione. Per evitare di ingrassare chi soffre di anoressia nervosa mette in atto una serie di comportamenti tipici del disturbo quali seguire una dieta ferrea, fare esercizio fisico in maniera eccessiva, indursi il vomito dopo aver mangiato anche piccole quantità di cibo.

Si distinguono due forme di anoressia nervosa: l'anoressia restrittiva, forma in cui il dimagrimento è causato dal digiuno e dall'intensa attività fisica, e l'anoressia compensatoria, forma in cui la persona mette in atto comportamenti che insieme al digiuno servono a diminuire il peso corporeo (abuso di lassativi e/o diuretici, vomito).

Il rischio di morte a causa di questa malattia è molto alto (circa il 18%); tuttavia altri disturbi fisici possono manifestarsi durante il decorso, ve ne elencherò alcuni:

-danni ai meccanismi fisiologici che controllano l’alimentazione

-alterazione della serotonina un neurotrasmettitore implicato anche nell’eziologia della depressione

-riduzione delle capacità cognitive e di concentrazione

-effetti specifici del vomito autoindotto quali erosione dello smalto dentale, rigonfiamento delle ghiandole che producono saliva, danni alla gola e esofago, squilibri elettrolitici, abrasioni e segni alle nocche delle dite utilizzate per provocarsi il vomito, erosione dello smalto dentale provocato dai succhi acidi gastrici.

 

I soggetti mettono in atto una meccanismi di negazione di fronte alla patologia, non riconoscendo ne il disturbo, ne il declino a cui sta andando in contro il proprio organismo poiché vivono il corpo come separato da sé, appartenente ai genitori.

Secondo la Bruch (una delle più eminenti studiose di disturbi alimentari negli anni '70 e '80)  le anoressiche hanno la ferma convinzione di essere completamente impotenti ed inefficaci. Esse sono sempre state le cosiddette “brave bambine”, hanno speso tutta la vita cercando di compiacere i genitori, fino a che in adolescenza diventano improvvisamente testarde e negativiste. Alla base della anoressia vi è quindi il vissuto soggettivo di un rapporto conflittuale con la madre, considerata dominante ed iperprotettiva. la figlia si vive per cui quasi "un'estensione della madre" e non può sviluppare un sano senso di sé. L’anoressia diviene espressione di un senso di competizione (essere la più magra o la più "straordinaria").

Il rifiuto del cibo rappresenterebbe dunque inconsciamente, nella ragazza anoressica, il rifiuto della figura materna e il tentativo di costituire un senso di autonomia e individualità.

In alcuni casi, i conflitti e le problematiche sono o più evidenti e perciò si è tentati di considerarli causa della malattia. Invece spesso esistono dinamiche indefinibili associabili a deficit o errori nell’interscambio affettivo  che hanno appunto causato il mancato sviluppo dell’autonomia.

L’anoressica infatti, sentendosi inferiore a causa di un attaccamento inadeguato con la madre in cui essa non è altro che un “prolungamento” della stessa, tenta di dimostrare agli altri e a se stessa quanto sia “speciale” , quanto sia “capace” di non mangiare ecc… . Si può inoltre aggiungere che nelle famiglie in cui si presenta questa patologia, vi è un interscambio comunicativo non efficace. Si osserva che spesso in tali famiglie prevale la comunicazione non verbale, mediata soprattutto dal corpo. Tale tipo di comunicazione è spesso ambigua e lascia molto spazio alla interpretazione del ricevente, per cui gli interlocutori non possono mai essere completamente certi che l’altro abbia capito o meno, abbia interpretato bene o no. E’ inevitabile che quando nella fase della pubertà il corpo va incontro a modificazioni visibili, esso non sia più per il soggetto un valido mezzo comunicativo, nel senso che può inviare in maniera autonoma messaggi (con l’arrotondarsi delle forme, il crescere del seno ecc..) in cui lei stessa non crede. Per cui l’anoressica tenta con il controllo della propria forma corporea di monitorare l’espressività e la comunicatività del proprio corpo. Molto spesso inoltre l’anoressia è spiegabile anche con il rifiuto della propria femminilità, della propria procreatività ecc.. esplicitandosi ciò anche nell’amenorrea.

 

2-BULIMIA NERVOSA

 

La bulimia nervosa è caratterizzata da una grave ed angosciosa perdita di controllo sul cibo che sfocia in episodi di abbuffate più o meno ricorrenti (almeno 2 alla settimana per 3 mesi). Le abbuffate sono seguite da sentimenti di angoscia e vergogna associati a condotte compensatorie atte a regolarizzare il peso corporeo come ad es. digiuni, esercizio fisico eccessivo, vomito autoindotto, uso improprio di lassativi e diuretici.

La teoria psicoanalitica sostiene che il disturbo si manifesta in seguito a conflitti fra pulsioni (istinti) e difese psicologiche, cioè l’introduzione di cibo rappresenta una compensazione delle insoddisfazioni sessuali, e il vomito funzionale il rifiuto delle fantasie del coito.

Altri approcci psicologici considerano il disturbo come frutto di una mancata separazione dalla madre e dalla matrice familiare, per cui il cibo simboleggia l’oggetto madre che viene prima ricercato disperatamente e poi rifiutato con il vomito in una fase successiva.

Si osservano inoltre difficoltà a gestire le relazioni intime e sopportare le tensioni interne per cui il cibo diventa un meccanismo per allentare la tensione.

L'abbuffarsi può anche divenire una difesa nei confronti di un'inconscia paura di abbandono.

Nei soggetti bulimici con bassa autostima, caratteristica evidenziata da molti studi, predomina il senso di “fame” vissuto come vuoto esistenziale, frutto di un vissuto di bambini lasciati emotivamente affamati da una madre vissuta come fredda e distante.

Vorrei ribadire che quando si parla di madre non si intende colpevolizzare quest’ultima ma constare la presenza di una diade madre-bambino inserita in un contesto affettivo non armonico ed equilibrato in cui le emozioni non sono adeguatamente gestite.

 

 

Il bulimico non si stima, molto spesso non solo non si ama, ma si disprezza, per questo motivo si “abbuffa”, evento che lo riempie ulteriormente di vergogna di se e disistima.

 

3-BINGE EATING DISORDER (DISTURBO DA ALIMENTAZIONE INCONTROLLATA)

 

I sintomi del Binge-Eating Disorder:

-ricorrenti episodi di abbuffate, caratterizzate da un’ eccessiva assunzione di cibo in un lasso di tempo breve e accompagnate da una perdita di controllo sul cibo durante tali episodi;

Gli episodi di abbuffate sono accompagnati da almeno 3 di tali punti:

•          alimentazione disfunzionale come ad es. mangiare con maggiore rapidità rispetto al normale, mangiare finché non ci si sente spiacevolmente " pieni"; assumere una grande quantità di cibo senza avere realmente appetito, mangiare da soli per il fatto di essere imbarazzati per come si mangia; sentire un senso di disgusto verso se stessi, sentirsi depressi, o sentirsi di colpa dopo aver mangiato, sentirsi depressi a causa delle abbuffate,

•          presenza di almeno 2  abbuffate alla settimana per 6 mesi;

•       assenza di condotte di eliminazione compensatorie ( uso di purganti, digiuno o eccessivo esercizio fisico ecc..) per cui si associa molto spesso a grassezza e obesità

 

L’aspetto peculiare del BED è rappresentato dall’abbuffata che a differenza della bulimia nervosa non si presenta sotto forma di singole crisi nel corso della giornata, bensì, il soggetto, in alcuni giorni ingerisce grosse quantità di cibo durante le 24 ore, mentre in altri è presente un’alimentazione normale o addirittura ristretta.

Nella maggior parte dei casi il comportamento alimentare incontrollato viene scatenato da depressione, ansia e tensione.

Tra le cause ricorrenti di questo disturbo vi è spesso incapacità a controllare le proprie pulsioni, rapporti non risolti con i propri genitori, difficoltà nell'accettazione della propria emotività e dei propri limiti. E come in tutte le forme di dipendenza, c’è pure una buona dose di autolesionismo. In ogni caso l'obesità denuncia un copione di "perdente", "sfortunato", sostenuto da sentimenti di colpa, inferiorità, autodenigrazione. E si potrebbe ipotizzare che in qualche modo gli obesi si riconoscano nella loro debordante figura corporea che nella sua accezione socialmente riprovevole, stigmatizza l’autosvalutazione.

Chi soffre di questo disturbo spesso nega problematiche legate alla propria personalità e attribuisce gli eccessi alimentari ad un'incontrollabile ingordigia, a mancanza di volontà, a debolezza di carattere. In realtà le modalità di nutrizione vengono acquisite nella primissima infanzia, in relazione all'interazione del bimbo con la figura di riferimento. Spesso capita che al bambino venga dato cibo anche quando aveva bisogno di stimoli o di coccole, oppure che gliene sia stato dato troppo per dimostrare di essere una “brava mamma”, per superare sentimenti di ansia o di colpa, oppure che non gliene abbia dato a sufficienza innestando il meccanismo dell'abbuffata con un significato di "ora o mai più". Il pensiero coatto di qualcosa da ingurgitare ha molto spesso la funzione di un tappo, una barriera difensiva contro la presa di coscienza di non essere stata amata incondizionatamente.

La mancanza di autenticità, di contatto con i propri sentimenti, i propri bisogni, porta non solo a non riconoscere lo stimolo di fame-sazietà (fattore purtroppo molto comune tra gli obesi) ma inoltre ad assumere delle decisioni copionali di compiacimento, rabbia, rivalsa, aggressività, autolesionismo, sentimenti che molto spesso si ignora o si respinge.

 

Le patologie sopradescritte possono altresì manifestarsi in maniera non eclatante o più silenziosa, pur restando tuttavia sintomo/segnale di un disagio psichico ed emotivo capace di minare il benessere, la salute psicofisica e la vita sociale degli individui che ne soffrono e delle persone loro accanto.

Per questo motivo il percorso terapeutico associato ad un adeguata consulenza medico nutrizionista, favorisce la presa di coscienza delle dinamiche intrapsichiche e interpersonali che sono all’origine del disturbo, contribuendo alla sua risoluzione.

                                                                                              Dott.ssa Romano Morena

                                                                                              Psicologa-psicoterapeuta

                                                                                              Specializzata in psicoterapia

            analitica junghiana

 

BIBLIOGRAFIA

-“Anoressia e Bulimia” di P. de Giacomo, C. Renna, A. Santoni Rugiu ed. Franco Angeli

-“Anoressia, bulimia e obesità da iperfagia” di W.A. Bernasconi ed. Italian University Press

-“Anoressia e conflitto sessuale: dalla comprensione alla terapia” di R. Infrasca ed. Magi

-“Come affrontare anoressia e bulimia” di A. Callegari e D. Scarparra ed. Mosaico

-“Come vincere le abbuffate” di C. Fairburn ed. Positive

- “DSM IV  Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali”  American Psychiatric Association ed. Masson

-“Il disturbo alimentare-modelli, ricerche e terapie” di Elena Faccio ed. Carocci

 

LETTURE CONSIGLIATE

-“Fame d’amore” di P. Claude-Pierre ed. Mondatori

-“I disturbi dell’alimentazione” a cura di J. Treasure, U. Schmidt, E. van Furth ed. Il Mulino

-“Il corpo in fame” di P. Lavanchy ed. Rizzoli

-“Il corpo in ostaggio: teoria e clinica dell’anoressia-bulimia” di M. Recalcati ed. Borla

-“Il disturbo alimentare: modelli, ricerche e terapie” di Elena Faccio ed. Carocci

-“La ferita dei non amati” di P. Schellenbaum ed. Red

- “La follia che viene dalle ninfe” di R. Calasso ed. Adelphi

-“La relazione padre – figlia nell’anoressia mentale” di T. Faceto ed. Magi

- “Malate di perfezione. Anoressia, bulimia, alcolismo: una perfetta infelicità” di M. Woodman ed. Red

-“Donne che corrono con i lupi” di Clarissa Pinkola Estes ed. Frassinelli

 

Argomento: disturbi alimentari

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dott.ssa Romano Morena | 16.02.2012

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